Si sono costituiti parte civile e ora chiedono l’ergastolo per chi ha ammazzato il figlio. I genitori di Roberto Tizzano, 21enne ucciso nel Bar H24 di via San Severo a Foggia nell’ottobre 2016, hanno invocato il carcere a vita per Francesco Sinesi – secondo l’accusa istigatore dell’agguato -, Cosimo Damiano Sinesi, uomo che indicò gli obiettivi ai sicari e uno degli esecutori materiali, il killer di San Marco in Lamis, Patrizio Villani. Un’altra persona che quel giorno fece fuoco ammazzando Tizzano e ferendo Roberto Bruno, anche quest’ultimo 21enne, non è mai stata identificata.
I legali di parte civile, nell’evidenziare l’estraneità della vittima alle logiche criminali della “Società Foggiana”, sperano nell’ergastolo e per questo hanno rievocato la requisitoria dei pm della DDA che pochi giorni fa hanno chiesto il massimo della pena per gli imputati. La presenza della parte civile in un processo alla mafia foggiana non è affatto scontata, anzi, si tratta di un caso molto raro ma per questa vicenda c’è la ferma convinzione da parte dei parenti di Tizzano dell’assoluta mancanza di legami tra il giovane e il mondo della malavita organizzata locale.
Il processo, che si sta svolgendo a Bari con rito abbreviato, sta correndo rapidamente verso la conclusione. Sentenza di primo grado prevista in estate. Mentre è alla sbarra – ma a Foggia – Sergio Ragno, accusato di favoreggiamento e secondo l’accusa presente nel summit mafioso a casa di Francesco Sinesi pochi istanti prima dell’agguato.
Per gli investigatori quell’uccisione fu la sanguinosa risposta all’attentato a Roberto Sinesi, boss indiscusso del clan Sinesi-Francavilla. L’uomo, detto “lo zio”, scampò miracolosamente alla morte il 6 settembre 2016. Poi, a fine ottobre dello stesso anno, la replica ai danni di Bruno e Tizzano, ritenuti vicini al clan rivale dei Moretti-Pellegrino-Lanza.
Arringhe difensive
Gli avvocati difensori dei cugini Sinesi hanno parlato di “mancanza di prove e indizi” e per questo chiedono l’assoluzione. “Summit mafioso?” Per i legali non c’è alcuna certezza: “Le telecamere mostrano gli imputati entrare nel palazzo ma non si vedono riunioni e non ci sono intercettazioni”.
Ma la voglia di vendetta di Francesco Sinesi in modo particolare sarebbe emersa già il giorno dopo l’agguato al padre: “Mo si devono stare attenti pure loro con i figli che tengono”. Ma anche qui il legale dell’uomo smentisce ogni proposito sanguinario: “Semplice sfogo di una persona che ha rischiato di perdere il padre”. Inoltre, in un’altra intercettazione ambientale, Francesco Sinesi parlando con un familiare disse di aver fatto un voto alla Madonna e per questo non si sarebbe vendicato se il padre si fosse salvato, così come poi è successo. “Lo zio”, infatti, scampò alla morte grazie ai medici degli Ospedali Riuniti di Foggia e ora è in carcere per vari reati.
E Cosimo Damiano? Perchè si chiuse in casa nei giorni successivi all’agguato al Bar H24? Secondo i legali una semplice precauzione di chi sa di essere a rischio per via delle sue parentele.