di ANTONELLA SOCCIO
Un anno di passioni elettorali, battaglie, scontri e anche veleni si chiude per la neo segretaria del Partito democratico Lia Azzarone, che ha da poco composto la sua larga squadra di governo all’interno del partito. La attendono mesi intensi e non facili, visti i sondaggi che danno il centrosinistra diviso e frazionato molto arretrato rispetto alla coalizione del centrodestra e al Movimento 5 Stelle.
L’Immediato l’ha intervistata.
Segretaria Azzarone, qual è stato il momento più duro per il Pd in questo 2017? E quali saranno gli obiettivi del 2018? Quale sarà la caratteristica principale della sua segreteria?
La scissione e la sconfitta al referendum costituzionale sono stati passaggi dolorosi e traumatici. Entrambi hanno indebolito il progetto riformista tracciato con la fondazione stessa del Partito Democratico e hanno impedito che si compisse uno degli obiettivi di questa legislatura: innovare le istituzioni ed il loro funzionamento per migliorarne l’efficienza e ridurne i costi, economici e sociali. Assumere consapevolezza degli errori che anche noi abbiamo commesso è la premessa alla più diffusa ri-connessione con il sentiment dei cittadini. Questo è, dal mio punto di vista, l’obiettivo strategico per il 2018, che sarà centrato solo con la collaborazione e l’impegno di tutti a tutti i livelli. A partire dalla Segreteria provinciale che inizierà a lavorare già nei primi giorni di gennaio. A tutti i suoi componenti ho chiesto con forza di fare politica con i fatti. Dobbiamo promuovere iniziative, eventi, discussioni; dobbiamo ascoltare i cittadini e farci ascoltare da chi governa; dobbiamo sostenere gli amministratori e i dirigenti nei loro compiti istituzionali e politici.
I parlamentari uscenti saranno riconfermati? Proporrà il loro nome agli organismi di partito?
Michele Bordo e Colomba Mongiello hanno lavorato tanto e bene per il territorio. Hanno interpretato al meglio la loro funzione sapendo valorizzare le istanze provenienti dalla Capitanata nel contesto nazionale. E hanno anche avuto un confronto dialettico con il Governo quando si è trattato di difendere gli interessi della nostra comunità. Ovvio che per me sono ricandidabili. La loro candidatura, però, si inserisce nel più ampio quadro delle alleanze politiche ed elettorali, di cui si sta discutendo proprio in queste ore. Poi saranno composte le liste, frutto di un confronto tra i territori e gli organismi nazionali.
Come è stato possibile per il Pd perdere tanta fiducia nel Paese dopo le famose Europee? In cosa ha sbagliato?
Intanto non è stato tutto sbagliato. Anzi. I governi guidati dal PD hanno promosso riforme importanti, a partire da quelle che riguardano i diritti civili, e la ripresa economica del Paese. Tutti gli indicatori sono positivi, a partire da quelli relativi all’occupazione, ed è stata compiuta una gigantesca operazione di ridistribuzione del reddito e di correzione di alcuni squilibri sociali. Non è per caso che anche gli oppositori, come Di Maio o Salvini, oggi dichiarino di voler confermare alcuni di quei provvedimenti che in Parlamento hanno contestato. Errori sono stati commessi, è innegabile, purtroppo ingigantiti dalla prevalenza della percezione della realtà rispetto alla realtà stessa. Prendiamo la buonascuola: l’assunzione di circa 100.000 docenti a tempo indeterminato, per la gran parte precari, è stata messa in ombra dalle discussioni sulle procedure del concorso o le assegnazioni delle cattedre. Per carità, critiche anche corrette e comprensibili; ma nessuno ricorda più che a partire da settembre ci sono circa 100.000 nuovi insegnanti al lavoro nelle scuole frequentate dai nostri figli. Volendo sintetizzare, l’errore che abbiamo commesso è stato pensare di poter fare tutto quanto di buono è stato fatto senza mettere in campo misure adeguate di gestione e risoluzione dei conflitti sociali che inevitabilmente sono provocati dalle riforme.
La continua conflittualità tra Renzi e Emiliano sta producendo delle “vittime”?
Noi militanti e dirigenti del PD ci appassioniamo molto alla politica. In alcuni casi siamo troppo appassionati. Quando ci facciamo prendere la mano iniziamo a scrivere su facebook, a rilasciare dichiarazioni alla stampa, a diffondere comunicati. I toni del confronto tendono verso l’alto e all’esterno si percepiscono solo quelli. Dovremmo imparare tutti ad essere più riflessivi e meno smaniosi. Per fortuna si tratta di fasi che inevitabilmente si chiudono e, talvolta, producono effetti positivi. Come sta accadendo proprio tra Renzi ed Emiliano a proposito dell’ILVA: il conflitto è stato risolto dalla comune volontà di collaborare alla soluzione di un problema economico, sociale e ambientale enorme.
La società civile e i civici entreranno nelle alleanze in questa tornata elettorale?
Sarà fondamentale chiedere ed ottenere il sostegno di chi, ad esempio, governa con il Partito Democratico i Comuni, la Provincia di Foggia e la Regione Puglia. Anche questo, però, è un tema che non sarà risolto esclusivamente a livello provinciale e che sarà influenzato dalle scelte relative alle alleanze.
Quanto è grande il pezzo di Pd che nei diversi centri seguirà gli ex compagni di Liberi e Uguali? Si parla di una candidatura di Gianluca Ruotolo, ex dirigente dem di primo piano con Paolo Campo.
A Gianluca auguro con sincerità e affetto di raggiungere i traguardi politici a cui ambisce. Davvero spero che la scelta fatta gli procuri tutte le soddisfazioni che merita. Quanto sia grande questo ‘pezzo’ non so dirlo con precisione. Se guardo ai gruppi dirigenti, non mi pare sia granché. Le elezioni politiche e amministrative ci daranno una più esatta dimensione di Liberi e Uguali. Qui, però, voglio ribadire quanto ho affermato intervenendo all’Assemblea che mi ha eletta segretaria provinciale: considero LeU un pezzo del centrosinistra più ampio e inclusivo che è mia ferma intenzione provare a costruire per amministrare i Comuni della Capitanata, a partire da Foggia.
Ritiene che sui territori e in Capitanata la dirigenza abbia spiegato bene il cambiamento e le leggi del Governo?
Ci siamo impegnati a farlo e non spettano a me le valutazioni sull’efficacia della nostra azione. Di certo non ha giovato la coincidenza della fine della legislatura con la fin troppo lunga stagione dei congressi. Ora abbiamo di fronte a noi due mesi per intensificare l’attività di disseminazione nei territori e restituire ai cittadini un quadro più preciso e compiuto dell’azione di governo e dei programmi per il futuro del Paese.
C’è una mutazione in atto? Il Pd è fallito nella sua dimensione originaria? È ormai un partito di centro?
I fatti, e mi riferisco alle leggi adottate in Parlamento o ai documenti degli organismi dirigenti, dicono tutt’altro. Abbiamo accettato l’onere di governare con partiti del centrodestra e abbiamo avuto la capacità di attrarre nella nostra comunità pezzi di ceto politico moderato. La nostra identità politica, però, è ancora espressa pienamente dall’adesione alla grande famiglia del socialismo europeo. E non mi pare ci sia alcuno che l’abbia messa in discussione.