di FRANCESCO PESANTE
. Un manufatto in muratura e in lamiera gestito da Antonio De Sandi in via Fini a Foggia (traversa di viale Ofanto), utilizzato – si legge sulla maxi ordinanza di quasi 700 pagine – per tenere summit e stringere accordi tra gli indagati e una pletora di ‘operai’ che nel gergo dell’organizzazione criminale fa riferimento a soggetti rapinatori utilizzati per le fasi operative dei singoli colpi da compiere.
La guardia giurata detto “la ragazza”
Ciro De Falco, guardia giurata della Cosmopol di Avellino. Gli inquirenti hanno ipotizzato che egli debba essere identificato come “la ragazza” della quale alcuni indagati parlano al telefono, riferendosi ad un basista che passerebbe informazioni utili circa i possibili “bersagli” delle rapine, in particolare – secondo l’accusa – “comunicando gli spostamenti, i tragitti, gli orari dei veicoli poi presi di mira dalla banda, il denaro di volta in volta trasportato, consigli su come eludere, inibire o aggirare i sistemi di sicurezza adottati dalla Cosmopol”. Riferimenti alla “ragazza” sono contenuti soprattutto nelle conversazioni tra due dei capi della banda, Angelo Carbone e Domenico Cocco.
I capi: Carbone, Cocco e De Sandi
Proprio Carbone e Cocco sono i due che coordinavano le attività degli associati (qui tutte le foto degli arrestati) e tenevano i contatti col finanziatore Salvatore Della Ratta, con la guardia giurata “infedele” De Falco, con Pasquale Pecorella e con gli albanesi Huqi e Sallaku in occasione del viaggio a Verona e in Germania.
Di primo piano il ruolo anche del foggiano De Sandi che gestiva il chiosco dove si svolgevano i summit. Dopo l’arresto di Carbone sarebbe stato De Sandi a prendere in mano la situazione allacciando contatti con le persone necessarie ai fini del colpo in Germania. In particolare Pecorella e Della Ratta. De Sandi si occupava anche del reclutamento, soprattuto nel territorio di Cerignola.
Intercettazioni
“Una volta che tengo i soldi mi addormento coi soldi. Ma dobbiamo trovare una casa, un posto tranquillo, cioè chi ci viene a portare il mangiare. Che noi non usciamo da là”. A parlare Angelo Carbone, ignaro di essere intercettato dalle microspie della polizia. L’uomo, foggiano, capo dell’organizzazione, già pensava al futuro. Al periodo subito successivo al grande colpo in Germania. 20 milioni di euro, davvero tanti soldi coi quali “sognare” un futuro radioso. Magari dopo un periodo di esilio all’estero.
Prima della “rapina del secolo”, la banda colpì anche l’Unicredit di Foggia. Bottino intorno ai 64mila euro. Per quell’episodio fu subito arrestato Sabino Di Canosa, 20enne cerignolano, ritenuto esecutore materiale. Ma i soldi non vennero mai recuperati. Quella rapina fu organizzata proprio nel chiosco di De Sandi che in un’intercettazione si lamentò del risultato in quanto i malviventi avrebbero dovuto intascare almeno 180mila euro, e non gli “appena” 64mila. “La banca che ho fatto fare era meglio non l’avessi mai fatta fare. Il lavoro non è andato come doveva andare. Da 180 sono usciti 64mila euro”.