Soleva trattenersi e passare il tempo libero presso il circolo Dauno Unito di Carapelle. Giuseppe Treviso 60 anni di Carapelle si è trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato. In quel luogo, la sera del 12 ottobre del 1998, alcuni uomini sono entrati a volto coperto nel circolo Dauno, con l’intento di uccidere il pregiudicato Francesco Tucci (37 anni di Foggia). Oltre a uccidere Tucci, la raffica di colpi dei killer ha colpito anche Giuseppe Treviso, che si trovava vicino all’obiettivo.
Il male prima o poi colpisce sempre degli innocenti.
La tragica fine di Giuseppe svela l’abominevole atrocità che prima o poi un contesto mafioso comporta: la morte. La storia di Giuseppe non può essere trincerata nell’oblio passivizzante delle nostre comunità, ma deve emergere per promuovere un scatto di orgoglio civico, una reazione civica e solidale, per porre fine alla violenza e alle mafie.
Il sacrificio inconscio di Giuseppe può essere, una volta diventato di dominio pubblico soprattutto tra le giovani generazioni, il vessillo di un riscatto sociale da parte di una terra che ancora non vuole fare i conti con la criminalità organizzata o meglio la percepisce come uno Stato nell’assenza del vero Stato. Il tragico episodio che si è consumato a Carapelle è una ferita sociale e pertanto necessita di una cura. La memoria, il ricordo di Giuseppe può trasformarsi in impegno quotidiano per denunciare attività illecite e annunciare la cultura e la legalità del Noi. Recuperare la memoria, in un paese senza memoria (Pasolini), è un atto rivoluzionario, specie quando ci si trova di fronte a storie come queste. Una memoria che deve diventare collettiva, pubblica, per restituire il diritto al ricordo attivo per tutti quelli a cui è stato negato il diritto alla vita. Ricordare per non dimenticare, ricordare per annunciare e progettare una Capitanata diversa. Per questo ritengo che Giuseppe Treviso vada ricordato il 21 marzo nella giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie e ogni giorno.
Gianluca Di Giovine, docente e attivista di “Orta Nova che vorrei”