Incastrati da telecamere e intercettazioni. Così, polizia e carabinieri, sotto l’egida della DDA, hanno dato un volto a killer e mandanti della mattanza nel bar H24 di via San Severo a Foggia, il primo pomeriggio del 29 ottobre 2016. Ore 15 e 38. Rimase ucciso Roberto Tizzano, ferito, invece, Roberto Bruno, entrambi nipoti di Vito Bruno Lanza, elemento di spicco del clan Moretti-Pellegrino-Lanza. Quell’agguato, stando agli investigatori, sarebbe stato organizzato in risposta al tentato omicidio di Roberto Sinesi, storico boss della batteria Sinesi-Francavilla. Le due organizzazioni criminali, infatti, sono tornate a farsi la guerra da circa un anno e mezzo. Gli arrestati di oggi, infatti, sono tutti uomini dei Sinesi. A cominciare da Francesco Sinesi, figlio di Roberto, arrestato assieme al cugino Cosimo Damiano Sinesi, a Gaetano Piserchia e a Sergio Ragno, questi ultimi due accusati di favoreggiamento. Proprio dopo l’agguato a Roberto Sinesi detto “lo zio”, gli investigatori piazzarono le telecamere vicino casa del figlio, monitorando ogni movimento e intercettando frasi inequivocabili. Ma andiamo per ordine.
Il pomeriggio del 29 ottobre 2016, verso le ore 15.38, a Foggia in via San Severo, civico 10, all’interno del bar denominato “H24”, vennero esplosi diversi colpi di arma da fuoco all’indirizzo di Tizzano, deceduto sul posto. Gravemente ferito Bruno, poi scampato alla morte. Sul pavimento del bar diversi bossoli di vario calibro tra cui 6 bossoli calibro 9 e 3 bossoli calibro 12. Proprio la presenza di un fucile calibro 12 spostò l’attenzione degli inquirenti su soggetti del Gargano (Villani di San Marco in Lamis in particolar modo, ndr), soliti utilizzare quell’arma. Dopo aver perpetrato l’efferato delitto, gli assassini, con volto travisato, si allontanarono con un’autovettura Lancia Delta con la quale erano giunti.
Roberto Bruno è il figlio di Luigia Lanza (quest’ultima figlia del pluripregiudicato Vito Lanza) e del defunto Giovanni, quest’ultimo vittima di omicidio, per il quale fu condannato in via definitiva Franco Vitagliani. Lo stesso Bruno è il nipote dell’omonimo Roberto Bruno, anch’egli assassinato a Foggia agli inizi degli anni ’90 da Roberto Sinesi e da alcuni suoi complici, secondo quanto ricostruito da alcuni collaboratori di giustizia.
A sua volta Tizzano è il cugino dei fratelli Francesco e Fabio Tizzano, questi ultimi appartenenti al clan Moretti-Pellegrino-Lanza, consorteria operante a Foggia. Nel corso delle attività condotte sull’omicidio ai danni di Tizzano ed il tentato omicidio ai danni di Bruno, al fine di riscontrare le dichiarazioni rese nell’immediatezza del fatto omicidiario da Francesco Sinesi, che riferì che verso le ore 15.00-15.10 era sceso di casa ed era rimasto nei giardinetti prospicienti la sua abitazione fino alle ore 15.25 dove incontrò il cugino Cosimo Damiano, vennero visionati i filmati registrati dalle telecamere installate nelle adiacenze dell’abitazione di Sinesi stesso. Dai video si notò che quel giorno, presso l’abitazione del figlio del boss, si era svolto un vero e proprio summit mafioso, con l’arrivo nei pressi dell’abitazione dei noti pregiudicati Cosimo Damiano Sinesi, Gaetano Piserchia, Sergio Ragno e Patrizio Villani, quest’ultimo ritenuto esecutore materiale dell’omicidio assieme a un altro killer ancora ricercato.
Alle ore 14.59 si ripresentò presso l’abitazione di Francesco Sinesi, il cugino Cosimo Damiano, che dopo poco uscì in compagnia del cugino Francesco allontanandosi in direzione di via Roberto Berio. Dopo poco arrivò Villani che correva in direzione del luogo dove si erano diretti i cugini Sinesi. Alle successive ore 15.37.53, poco dopo l’omicidio, i cugini provenienti dalla direzione di via Berio, rientrarono all’interno del portone di viale Candelaro 96. Alle 15.42 Cosimo Damiano uscì sempre per allontanarsi verso via Berio.
Sulla scorta dei gravi indizi raccolti e ritenendo altamente probabile il coinvolgimento di Villani nell’omicidio di Tizzano e del ferimento di Bruno, avvenuto il pomeriggio del 29 ottobre 2016, la Procura Distrettuale chiese l’emissione di un idoneo provvedimento di intercettazione ambientale da eseguirsi presso l’abitazione di Villani, l’abitazione della compagna ed all’interno dell’abitacolo della sua autovettura. del ferimento di Bruno, avvenuto il pomeriggio del 29 ottobre 2016, la Procura Distrettuale chiese l’emissione di un idoneo provvedimento di intercettazione ambientale da eseguirsi presso l’abitazione di Villani, l’abitazione della compagna ed all’interno dell’abitacolo della sua autovettura.
In virtù di tali decreti, la mattina del 22 dicembre, personale della Squadra Mobile di Foggia, del Servizio Centrale Operativo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Foggia intrapresero una mirata attività investigativa a carico di Villani che iniziò con una perquisizione domiciliare nel corso della quale venne rinvenuta della sostanza stupefacente del tipo cannabis per un peso complessivo di grammi 80 circa e 8 proiettili di cui 1 proiettile calibro 7,62 (ritenuto munizionamento da guerra), 1 proiettile calibro 45 e 6 calibro 38.
Nel corso di tale attività furono installate le attività tecniche disposte. In virtù del rinvenimento della sostanza stupefacente e delle munizioni, Villani fu condotto presso gli uffici della Squadra Mobile per gli adempimenti di legge. L’uomo fornì dichiarazioni palesemente contraddittorie.
Per quanto rinvenuto nella sua abitazione ed in considerazione dei precedenti specifici a suo carico, Villani fu arrestato su disposizione della Procura della Repubblica di Foggia e posto ai domiciliari. I presidi tecnici predisposti fornirono da subito preziosi e sostanziali elementi di riscontro a carico di Villani in ordine al suo coinvolgimento nell’agguato mafioso del 29 ottobre 2016.
Ma il passo più importante ed illuminante dell’intercettazione ambientale effettuata all’interno dell’abitazione dove Villani era stato collocato ai domiciliari emerse poco dopo, quando fu registrata una breve ma significativa frase che non lasciò alcun dubbio sulla responsabilità di Villani nell’omicidio. L’uomo, all’interno dell’abitazione monitorata, commentando il fatto che gli investigatori gli avevano posto delle precise domande su come aveva trascorso la giornata del 29 ottobre 2016 e dei suoi rapporti con Francesco Sinesi, disse testualmente: “Ma non sanno che ho sparato io… Quelli pensano… dice tu,….. sei tu…… Dice sei tu, sei tu quello che ha ucciso….. Ah… hai capito? Di prove non ne tengono. Ha fatto: “la mattina del 29 tu sei … sei sicuro che…” No… si… sono sicuro. E’ impossibile che….Francesco ci hanno ripreso…è impossibile”.
LE INVESTIGAZIONI A CARICO DEI RESTANTI INDAGATI
Sono state successivamente svolte ulteriori indagini fondate su svariate attività di natura tecnica a carico degli altri indagati: i cugini Sinesi, Piserchia e Ragno, ascoltati presso gli Uffici di Polizia con contestuale attività di captazione ambientale ed in tale sede sono emerse delle palesi incongruenze circa le loro dichiarazioni, così come rilevanti sono risultate anche le immagini che ritraevano gli indagati nell’atto di scambiarsi alcuni segni convenzionali.
Gli elementi acquisiti nel corso delle indagini, unitamente alle immagini estrapolate dalle telecamere posizionate presso l’abitazione di Sinesi che hanno testimoniato un vero e proprio “summit” fra gli indagati alcune ore prima l’omicidio oggetto di indagine, hanno consentito alla Procura Distrettuale di inoltrare richiesta di misura cautelare a carico dei due Sinesi per concorso nell’omicidio di Tizzano e del tentato omicidio di Bruno e a carico di Piserchia e Ragno per favoreggiamento aggravato dal metodo mafioso. Le quattro misure cautelari sono state eseguite questa mattina da personale della Squadra Mobile di Foggia, del Servizio Centrale Operativo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Foggia.