Resta in carcere Fabrizio Mundi, titolare dell’azienda Lufa, al centro dell’inchiesta “In Daunia venenum”. Ieri il Tribunale del Riesame di Bari ha rigettato la richiesta dei legali che puntavano sulla revoca della misura cautelare per insussistenza di inquinamento o, in subordine, la sostituzione in misura più lieve. Le motivazioni del rigetto si conosceranno più avanti. Giovedì prossimo, invece, il Riesame si pronuncerà sulle posizioni di Primiano Calvo, Remo Bonacera e Diego Aliperti. Il primo, politico sanseverese coinvolto nella storia della “mazzetta” al dirigente Arpa, il secondo, zio di Mundi, ritenuto dall’accusa factotum dell’organizzazione criminale e il terzo dipendente e socio della Lufa. Al momento i tre sono ai domiciliari.
I pm Gatti e Nitti, intanto, vanno avanti spediti e hanno prodotto copiosa documentazione ulteriore a quella già analizzata nelle scorse settimane. I magistrati della DDA di Bari hanno depositato richiesta al gip e al Riesame di incidente probatorio. La difesa si è opposta ritenendola inammissibile. In buona sostanza, i pm puntano ad altri accertamenti sull’area dello stabilimento Lufa dove sussisterebbero ancora pericoli di inquinamento e altre anomalie, soprattutto nel piazzale dell’azienda. Il giudice monocratico, in seguito ad accertamenti, dissequestrò l’area nel 2014 dopo alcuni lavori di adeguamento. Le carte prodotte sono tuttora al vaglio degli organi competenti.
Il giudice del Riesame, la settimana scorsa, aveva invece accolto l’istanza del legale delle sorelle Sperinteo, dipendenti della Lufa, tornate libere dopo la revoca del divieto di dimora che le aveva costrette a trasferirsi fuori da San Severo.