Sindaci sul piede di guerra e cittadini in piazza contro il ridimensionamento dell’ospedale “Tatarella” di Cerignola. Accadeva non più di sette mesi fa. Nacque anche un comitato spontaneo con l’intento di vigilare a difesa del presidio cittadino di cura della salute. Il consiglio comunale in seduta monotematica si espresse contro il declassamento e il sindaco Franco Metta, rincuorato dalle promesse del governatore Emiliano, invitava a non abbassare la guardia. E oggi che la cronica ma aggravata carenza organica, a causa del blocco del turn over e straordinari, secondo la direttiva europea, ha di fatto immobilizzato l’attività di interi reparti, in qualche caso accorpati, centellinando le sedute operatorie, l’attenzione è calata.
Eccezion fatta per la polemica politica. “Il direttore generale dell’Asl Vito Piazzolla aveva assicurato che nulla sarebbe cambiato. Oggi l’ospedale di Cerignola è di fatto prossimo allo smantellamento”. Il rispolvero è del segretario piddino, Tommaso Sgarro, che dai banchi della minoranza, elenca una ad una le problematiche lamentate dagli operatori sanitari: dal mancato turn-over tra gli infermieri, fermo a un anno e mezzo fa, e sale operatorie con una sola seduta settimanale per branca chirurgica, alle difficoltà del Pronto Soccorso, con minacce e percosse a medici e infermieri. Il piddino dà per certa la chiusura del reparto di Cardiologia, e avverte sul rischio chiusura per il nuovo reparto di Fibrosi cistica, ricordando gli investimenti fatti sui non ancora attivati servizi di asilo nido aziendale, Centro per l’autismo e di assistenza per pazienti oncologici. “In tutto questo –continua il consigliere dell’opposizione- non una sola parola da parte del sindaco, sempre intento a passare più tempo sui social autocelebrando le sue feste che a presidiare il territorio per le cose che contano”.
Il caso della Cardiologia
Un allarme che sembra descrivere una situazione in netto peggioramento rispetto ai mesi precedenti, ai giorni dell’estemporanea protesta corale. Aggravato per di più dalla paventata chiusura di un reparto di vitale importanza qual è la Cardiologia, se fosse verificato. É vero il contrario, stando alle informazioni raccolte. “Abbiamo dati occupazionali e di attività molto elevati e di chiusura della Cardiologia non se ne parla proprio”, rassicurano dal reparto. Vero è che i posti letto sono stati dimezzati (attualmente da 16 a 8), come “consuetudinariamente avviene nel periodo estivo”, sottolineano. La novità è che questa modalità persiste a causa della carenza di personale infermieristico, che grava sull’attività dei reparti dell’intera struttura ospedaliera. In Cardiologia sono quattro in meno rispetto alla pianta organica che ne conta 18. Per cui il reparto ne esce ridimensionato per quanto riguarda la terapia intensiva.
Sprovvisto com’è dell’emodinamica, è tagliato fuori dal circuito della sindrome coronarica acuta. È questa la criticità vera per gli operatori sanitari. La possibilità di effettuare procedure invasive delle strutture cardiache avrebbe consentito il decollo della Cardiologia del “Tatarella” che ora può ambire al massimo al rafforzamento dell’elettrofisiologia e dello scompenso. Una questione vecchia, che andava affrontata e risolta, probabilmente, nella ormai passata congiuntura favorevole per Cerignola, che poteva vantare ai vertici dell’azienda sanitaria locale e all’assessorato regionale competente Attilio Manfrini e Elena Gentile.
La carenza di personale
Il problema più grave e irrisolto del “Tatarella”, al centro di riunioni interne e più volte segnalato alla direzione generale dell’Asl, resta la grave e annosa carenza di personale in forza al servizio di Rianimazione, che pregiudica pericolosamente l’attività ordinaria e straordinaria del blocco operatorio, dalla programmazione all’urgenza. Le sedute si sono ridotte rispetto alla media di qualche tempo fa ma quanto a numeri e produttività non è stato possibile saperne di più. Nel primo pomeriggio di ieri rianimatori e chirurghi erano impegnati in sala operatoria, e nei reparti e corridoi del “Tatarella” regnava un clima di desolazione.
“Stanno pian piano lasciando morire questo ospedale”, l’amara considerazione che accomuna le sensazioni di chi ci lavora ogni giorno. “Continuiamo ad essere sempre sottorganico per quanto riguarda il personale infermieristico e di questo ne risente molto il servizio di assistenza offerta, in termini di velocità, almeno per quanto riguarda il pronto soccorso”, riferisce un medico incaricato da due anni presso la struttura di emergenza-urgenza. “È una situazione che a fasi alterne si accusa da tempo, perché a maggioranza ci sono incaricati con contratto a tre mesi o un anno e si respira un po’ di più quando ci sono nuove assunzioni. Siamo uno dei pochissimi pronto soccorso che non hanno un triage costante. I nostri ci stanno provando –continua-, ma non si riesce a garantirlo come dovrebbe essere e spesso succede che chi arriva qui se ne lamenti animosamente, giustamente. Non ce la facciamo a coprire i turni e spesso il riposo non si fa, dopo il turno di notte”.