Gli inquirenti stanno provando a ricostruire con esattezza la dinamica dell’omicidio di Pompeo Piserchia, 34enne foggiano accoltellato la sera del 26 agosto da Donato Alberto Riccio, due anni più giovane della vittima. I due, entrambi pregiudicati, erano giunti allo scontro per futili motivi riguardanti il parcheggio dell’auto (ma tra loro non correva buon sangue da tempo). Una rissa con tragico epilogo, sul pianerottolo della vittima, in una palazzina di via San Giovanni Bosco, zona via Lucera. Riccio, ritenuto vicino alla batteria dei Moretti-Pellegrino e con precedenti per estorsione, si è difeso così davanti al giudice: “Ho agito per legittima difesa. Mi ha aggredito con un pugno, in seguito ha estratto un coltello dal marsupio. Piserchia mi ha detto: ‘ti uccido’. Poi abbiamo avuto una colluttazione. Entrambi impugnavamo una lama. Non ricordo altro”.
La vittima è deceduta durante il trasporto in ospedale, a causa delle sei coltellate, molto profonde, inferte da Riccio. Per quest’ultimo, invece, solo un taglio alla mano. Dopo lo scontro con Piserchia, il 32enne aveva trovato rifugio a casa della madre dove la polizia lo ha raggiunto. “Ero sotto choc”, aveva detto agli agenti. Al momento Riccio resta in carcere. Ma il racconto dell’omicida convince poco i magistrati tanto che il pm ha chiesto la convalida del fermo. Il 32enne, al momento, resta in carcere. Nel frattempo si attendono i risultati dell’autopsia sul corpo di Piserchia per avere un quadro più delineato.