Omicidi, intimidazioni a dirigenti comunali, estorsioni. Un intreccio svelato dai carabinieri del comando provinciale di Foggia che nelle ultime ore hanno arrestato 8 persone di Monte Sant’Angelo (comune sciolto per mafia, ndr) accusate di furti, estorsioni e disponibilità di armi. Alcuni di questi soggetti sono riconducibili ad alcuni gravi episodi di cronaca nera avvenuti all’ombra di San Michele negli ultimi anni. Come l’omicidio di Ivan Rosa, morto ammazzato il 19 marzo 2014 a Bosco Quarto, quando venne raggiunto e ucciso a colpi di fucile calibro 12 e le minacce all’architetto del Comune di Monte, Giampiero Bisceglia al quale crivellarono di colpi la serranda del suo garage e l’automobile.
Manette ai polsi per Antonio Rosa, classe 1974, finito in carcere, Bartolomeo Rignanese, classe 1974, in carcere, Matteo Di Biase, classe 1980, in carcere, Raffaele Rignanese, classe 1983, arresti domiciliari, Michele Scirpoli classe 1972, arresti domiciliari, Raffaele Vivoli, classe 1988, arresti domiciliari, Angelo Carbonelli, classe 1963, obbligo di presentazione alla PG e Francesco Quitadamo, classe 1969, obbligo di presentazione alla PG. Tutti di Monte anche se Quitadamo risiede stabilmente nel Milanese mentre Di Biase è stato fermato dai carabinieri mentre era a San Giovanni Rotondo. Antonio Rosa è fratello di Ivan Rosa, il giovane ucciso due anni fa a Bosco Quarto. Bartolomeo Rignanese, invece, è l’autore delle intimidazioni all’architetto del Comune avvenute l’1 marzo 2014.
Le misure cautelari sono l’esito di un’attività d’indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Foggia e condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo e scaturita proprio a seguito di quell’omicidio.
Le investigazioni, sviluppate attraverso attività tecnica, escussione di possibili testimoni e servizi sul territorio, hanno fatto emergere la sussistenza di una banda dedita alla commissione di reati contro il patrimonio, con conseguente estorsione per la restituzione della refurtiva.
Il gruppo, di cui faceva parte il defunto Ivan Rosa, poteva anche contare sull’impiego e la disponibilità di armi.
Nello specifico l’attività d’indagine ha permesso di accertare che Ivan Rosa assieme a Vivoli, i due Rignanese e Di Biase si erano impadroniti di varie attrezzature agricole, quali trattori, motoseghe ed aratri, nonché due fucili calibro 12, asportati da una masseria di Cagnano Varano, occultando poi il tutto in località Bosco Quarto di Monte Sant’Angelo.
Successivamente hanno costretto due fratelli agricoltori vittime del furto a consegnare loro la somma di 7.000 euro, per rientrare in possesso di parte dei propri beni asportati.
Gravi indizi di colpevolezza sussistono, invece, a carico di Antonio Rosa in ordine al porto e alla detenzione di fucili kalashnikov in concorso con Di Biase, materiale esplosivo custodito in concorso con il fratello, ed un numero imprecisato di pistole.
Antonio Rosa è gravemente indiziato di aver detenuto quel fucile kalashnikov utilizzato per danneggiare, con l’esplosione di circa 30 colpi, l’autovettura e la saracinesca del garage in uso al dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Monte Sant’Angelo.
Per quell’evento è imputato, in altro procedimento penale, Bartolomeo Rignanese che avrebbe agito in concorso col defunto Rosa.
Dall’indagine è emerso, inoltre, che Antonio Rosa possedeva altre armi, in particolare fucili e pistole, che formavano l’oggetto di una trattativa per la vendita a terzi.
Sono, infine, ritenuti anch’essi responsabili di aver detenuto illegalmente armi Carbonelli, Quitadamo e Scirpoli. In particolare quest’ultimo deteneva una pistola per conto di Antonio Rosa, già appartenuta al fratello Ivan prima di essere ucciso. Secondo i carabinieri sarebbero numerosi i furti con richiesta di riscatto avvenuti negli ultimi anni da parte di questo gruppo criminale ma le vittime non hanno mai denunciato.