Liberi, nell’ambito del processo “Cronos”, Rocco Moretti, Pasquale Moretti e Vincenzo Antonio Pellegrino, pezzi da novanta della mafia foggiana. Dopo che la Cassazione aveva rispedito in Appello ogni decisione, ecco che ora arriva la scarcerazione. Un verdetto scontato vista la decorrenza dei termini di carcerazione preventiva. È infatti trascorso il tempo massimo di tre anni dalla condanna di primo grado, senza essere arrivati a quella in Appello.
Rocco Moretti detto “il porco” (padre di Pasquale, ndr) è quindi libero e felice mentre Vincenzo Antonio Pellegrino detto “Capantica” e il giovane Moretti restano dietro le sbarre per altri procedimenti penali. Pellegrino è stato arrestato anche nell’ambito dell’operazione “Rodolfo” , Pasquale Moretti, invece, sta scontando un cumulo pene pari a 4 anni e 8 mesi per vecchi reati. I tre boss vennero condannati a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa in primo grado. Il 9 aprile 2014 condannati in Appello a 9 anni di carcere, in quanto ritenuti ancora a capo dell’omonimo clan. Ma ad ottobre 2015 la Cassazione annullò le condanne alla mafia foggiana rispedendo tutto in Corte d’Appello.
La stessa procura generale della Cassazione, organo d’accusa, ritenne, in accordo con la difesa, che la sentenza fosse del tutto priva di motivazione. Insomma, mancavano le basi per attestare la presenza di un’associazione a delinquere e accertare la mafiosità dei personaggi coinvolti (il famoso 416 bis).
Cronos – le intercettazioni
L’operazione del settembre 2007 guidata dal pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari Domenico Seccia, diede una mazzata notevole ai capi storici del clan Moretti-Pellegrino. Vennero infatti beccati Rocco e Pasquale Moretti (padre e figlio), Vincenzo Antonio Pellegrino, Mario Piscopia, Vincenzo Ricciardi, Gianfranco Bruno detto “il Primitivo” e Rodolfo Bruno, tutti accusati di associazione mafiosa e detenzione illegale di armi. Per Pasquale Moretti c’era anche l’accusa del duplice tentato omicidio nei confronti di Alessandro Aprile e del 17enne che lo accompagnava avvenuto ad agosto 2007. “Un gruppo particolarmente violento e aggressivo che meditava quotidianamente di compiere agguati nei confronti di esponenti del clan opposto” disse l’allora dirigente della Squadra Mobile, Antonio Caricato. Gli imputati vennero condannati in Appello a circa 9 anni di carcere ma adesso è tutto da rifare.
Cronos svelò alcune intercettazioni piuttosto eloquenti: “Per me è più facile uccidere qualcuno che rubare una macchina” diceva ad esempio Gianfranco Bruno a uno dei suoi compari. Le indagini partirono dopo il tentato omicidio di Antonio Vincenzo Pellegrino detto “Capantica”, un agguato seguito da altrettanti fatti delittuosi come l’uccisione di Franco Spiritoso. Una guerra di mafia che riguardava prevalentemente i figli delle organizzazioni criminali. Dal carcere il boss Rocco Moretti, detenuto dal 1989 per i reati di strage ed omicidio, attraverso un linguaggio criptico dava direttive di massima al suo gruppo. In particolar modo al figlio Pasquale che, in compagnia di Gianfranco Bruno, stava meditando di uccidere Francesco Sinesi, figlio del capo clan Roberto.
Pellegrino e i due Moretti beccati solo pochi mesi fa
I tre finirono in carcere già a novembre 2014 dopo un breve periodo di osservazione seguito alla scarcerazione. Gli uomini della polizia compresero che stavano già ricreando le fila dell’organizzazione sfruttando la detenzione di uomini di spicco dei clan rivali. In buona sostanza, la batteria Moretti-Pellegrino si apprestava a “riprendersi” Foggia. Ma qualcosa andò storto. Il porco e Capantica fiutarono il pericolo di essere nuovamente braccati. Le forze dell’ordine erano ormai sicure del fatto che l’organizzazione fosse ancora in vita e pronta a rilanciarsi. Durante il lavoro di pedinamento, si accertò che Moretti e Pellegrino stessero lavorando allo scopo di evitare la cattura. I tre imputati, forse nel timore di essere condannati proprio nel processo “Cronos” dopo la sentenza di 9 anni subìta in Appello, stavano studiando la maniera per darsi “alla macchia”. Pasquale Moretti, ad esempio, si era già nascosto tra i boschi del Gargano. La polizia scoprì che, durante il periodo di libertà, i boss incontrarono alcuni soggetti che avrebbero potuto favorire la loro latitanza.