A Manfredonia c’è poca voglia di approfondire la vicenda Enichem. Basta guardare la scarsa partecipazione all’incontro pubblico di oggi pomeriggio. Ma lo studio epidemiologico, sui danni dovuti all’incidente del 1976 in quel maledetto impianto, va avanti. In riva al golfo, si lavora serrato per capire lo stato di salute della popolazione di Manfredonia e risalire ai tempi dell’incidente del 1976, quando si sprigionò una nube tossica con arsenico.
Nel gennaio 2015 è stato firmato un accordo di collaborazione tra CNR, Comune ed Asl per uno studio che durerà un anno e verrà realizzato con la collaborazione del Comune di Manfredonia, l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR (IFC-CNR), sedi di Lecce e di Pisa, la ASL di Foggia, l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR(ISAC-CNR), sedi di Lecce e Bologna, l’Università di Firenze e l’Impresa Sociale no-profit Epidemiologia e Prevenzione di cui è presidente Annibale Biggeri. La responsabile scientifica del progetto è Mariangela Vigotti.
L’accordo stabilisce un co-finanziamento da parte del Comune di centotrentamila euro (onnicomprensivi) oltre la disponibilità a collaborare con le proprie strutture al reperimento e messa a disposizione dei dati demografici. L’Asl collabora con il proprio personale e con i database sanitari relativi alla mortalità e ai ricoveri ospedalieri. Il CNR contribuisce mettendo a disposizione il lavoro dei propri ricercatori e le proprie attrezzature (strumenti e programmi di calcolo e quant’altro si renderà necessario).
A giugno del 2016, nel quarantennale dal disastro, i risultati saranno resi noti. Ci sarà una ricostruzione dettagliata sugli effetti dell’arsenico e di altre sostanze “nella speranza – ha detto lo storico di quel disastro, Maurizio Portaluri – che Manfredonia diventi modello da replicare altrove”.
Tante le domande ancora senza risposta. “Sono passati nel dimenticatoio – hanno evidenziato gli studiosi riportando uno dei quesiti insoluti – i circa 60 giovani assunti dal comune nel ‘76 e mandati allo sbaraglio senza alcuna precauzione sui siti inquinati a respirare arsenico”. Con questo studio saranno chiarite molte faccende e individuate le aree dove la ricaduta è stata maggiore. Biggeri non ha dubbi: “Servirà a fare chiarezza sul passato ma anche a prendere decisioni sul futuro della città”.
Impetuoso e molto incisivo l’intervento di Rosa Porcu, leader del movimento “Biancalancia”: “Siamo la memoria storica e oggi ci avvaliamo anche di qualche innesto dalle nuove generazioni, quelle venute dopo le lotte degli anni ‘80. A Manfredonia dell’Enichem non se ne sa niente – ha aggiunto senza mezzi termini -. È una storia rimossa e lo dimostra anche la scarsa partecipazione di oggi. Le nostre lotte sono state tradite. Vogliamo tenerci dentro questa rabbia o andare oltre e tentare di raccontare un’altra storia? La salute è di tutti. O sbaglio?”
E ancora: “Afferriamo il filo della vita. Anche per avere un futuro diverso. Torniamo ad essere partecipi del destino di questa città. Noi ci crediamo ma siamo stati traditi troppo spesso. Anche da quegli scienziati che per primi si erano interessati al caso”.
Anche Italo Magno, ex candidato sindaco ora all’opposizione, non è voluto mancare all’appuntamento: “Si sentiva l’esigenza di un centro epidemiologico – ha dichiarato -. E mi dispiace per la poca partecipazione. La città è un po’ addormentata”. Magno ha tirato in ballo la questione dell’impianto Energas, di prossima installazione sul territorio sipontino: “Il gasdotto che passerà vicino la frazione Frattarolo e che porterà tanto gas su gomme e rotaie per tutta la regione. La Commissione europea – ha avvertito Magno – si è dichiarata pronta a multare Manfredonia per la mancata tutela delle zone di protezione speciale come lago Salso. Per la UE, questo progetto è negativo per il territorio”. Ma come ha ricordato lo stesso Magno, l’iniziativa prosegue spedita: “Nella delibera regionale del 5 giugno scorso, Regione e Comune hanno sottoscritto alcuni spostamenti riguardanti il Parco del Gargano e le aree di tutela che saranno “solo” fiancheggiate dal gasdotto. Il motivo di questa iniziativa – è scritto nella delibera – è creare nuovi posti di lavoro”. Magno ha chiuso con una domanda: “Siamo talmente disperati e ci accontentiamo di 10/15 posti di lavoro tanto da mettere a repentaglio l’ambiente?”