“Le povertà non sono mai state seriamente nell’agenda politica italiana”. Lo ha detto Chiara Saraceno alla conferenza su ‘Povertà e inclusione sociale in Puglia’ che l’assessorato al welfare organizza con scadenza triennale. Sotto la lente Puglia, famiglie e giovani. Nell’analisi di un quadro abbastanza fosco, la sociologa fa riferimento ai “Cantieri di cittadinanza”, una misura che la Regione rivolge ai disoccupati con un sostegno di 500 euro a fronte di una prestazione lavorativa. Sono 12 milioni quelli messi a disposizione per coprire tale misura, altri fondi europei arriveranno nel 2015 e saranno rivolti a chi ha perso l’occupazione e vive con gli ammortizzatori sociali. Altre luci riguardano l’aumento degli asili nido, passati da 2mila a 16mila dal 2004 ad oggi.
Conciliazione dei tempi e buoni servizio
Giovanna Magistro di Meters (studi e ricerche sul sociale) ha dedicato una sezione specifica al tema della conciliazione e dei buoni servizio, con un’analisi di genere su quanto i figli e il lavoro domestico pesino ancora prevalentemente sulle donne e siano influenzati dal territorio e da fattori culturali. Ma è proprio sul bonus pensato dalla regione a sostegno della conciliazione e della parità di genere che si registrano negatività: procedura complessa per ottenerlo, incertezza sulla sostenibilità dei servizi, ritardi nell’erogazione, bacino di utenza limitato, comunicazione carente, adeguamento delle rette, reddito reale contro reddito presunto, cioè accessibilità reale.
Saraceno: “Essere poveri è faticoso, serve sostegno, non controllo”
“Le povertà non erano in agenda in passato, quando vi era una maggiore concentrazione di risorse e a maggior ragione non lo sono ora con la scarsità delle risorse. La crisi, enfatizza la povertà in tutto il paese e la Puglia riflette molto quello che è successo in Italia”. Ne deriva una povertà prevalentemente familiare, incidente più sui minori, più concentrata sulle fasce di età giovanili, con forte incidenza di lavoratori poveri in relazione ai propri nuclei familiari. La sociologa attribuisce questa carenza anche “alla mancanza di direttrici di sviluppo uniformi e alla frammentazione delle politiche per la prevenzione nel nostro paese”.
Che fare? “Sono necessarie politiche di promozione, come sostenere il costo de figli, introdurre un’imposta negativa che restituisca un minimo beneficio anche agli incapienti, e poi ancora investire nel sostegno all’occupabilità dei soggetti svantaggiati. Garanzia Giovani, detrazione degli 80 euro, assegno familiare, sono misure molto lontane da quello che servirebbe perché non riescono neppure a raggiungere i target più importanti”.
Fino al “paradosso” della social card “che serve più per controllare che per promuovere, come se i poveri avessero una fibra morale più bassa. Essere poveri è molto faticoso, quindi si ha diritto ad essere accompagnati, e non ad essere controllati”.
La ricerca pugliese: “Senza figli e over 65 i più ricchi”
Pubblicata in questi giorni da Carocci con il titolo ‘Povertà e politiche di inclusione sociale in Puglia (da cui la conferenza sul welfare 2012-2014 parte) la ricerca di Vito Peragine– associato all’università di Bari in scienza delle finanze- è stata presentata con alcune slide.
Ne emerge, in un quadro di generale deprivazione accentuata dal 2008 ad oggi, che le persone più povere in Puglia sono i disoccupati e i lavoratori autonomi maggiormente nella fascia tra i 35 e i 44 anni. Nel quinquennio 2007-12 la riduzione della povertà in Puglia ha riguardato soprattutto i maggiori di 65 anni e le coppie senza figli. Le categorie per cui è più aumentata sono invece le fasce più giovani della popolazione.
Nel Mezzogiorno e in Puglia la povertà è un fenomeno che, in un orizzonte quadriennale, riguarda più di un individuo su due, nel nord la percentuale è di uno su cinque. Inoltre in Puglia la povertà ha caratteri di maggiore persistenza: circa un terzo è povero per almeno tre anni.
Pentassuglia: “L’Europa chiede integrazione”
Donato Pentassuglia, assessore regionale alle politiche del welfare che ha preso il testimone di Elena Gentile, ha parlato di integrazione fra tre versanti, come richiesto dall’Europa: lavoro, formazione e welfare “attraverso i servizi sociali professionali e i centri territoriali per l’impiego”. La domanda è: “Quanto è pronto il sistema a rilanciare su una simile domanda di integrazione tra politiche di settore, sia a livello politico, sia a livello di struttura burocratico-amministrativa?”. Qualche settimana fa l’eurodeputato Elena Gentile, incontrando il terzo settore, aveva evidenziato come esista seriamente il rischio di un ritorno ad un welfare “assistenziale” dopo il tentativo di questi anni, in parte riuscito, di conferirgli una prospettiva di sviluppo più ampia.