Ha chiuso col botto la Fiera del Libro di Cerignola. Per il gran finale con Piero Pelù ieri sera sono arrivati pullman dal potentino, qualcuno dalla Campania, numerosi fan dal resto della Puglia, e un coraggioso “ragazzaccio” ravennate che si è abbracciato un viaggio da 500 euro per ascoltare il suo idolo. Davvero troppi per i locali del laboratorio urbano “ExOpera” di Piano San Rocco, che ha ospitato la tre giorni di eventi dedicata alla lettura, firmata “Oltre Babele”. Non ce l’ha fatta a contenerli tutti e in tanti si sono accontentati di godersi l’emozione in musica e parole dal maxischermo montato all’esterno. Ha concesso pochi autografi, ma in compenso non si è risparmiato nel mini set live. In prima fila, appiccicati alle transenne sotto il palco, una tenera coppia rock, padre e figlio, intonava a squarciagola ogni pezzo, da Bene Bene Male Male, Viaggio, Bomba boomerang, Toro loco, Io ci sarò, alle recenti Sto rock e Mille uragani.
Il rocker fiorentino, ieri l’altro a Bitonto e questa sera ad Andria, ha accettato l’invito di aggiungere anche Cerignola alle tappe del suo tour pugliese di “Identikit di un ribelle” (Rizzoli 2014), il libro scritto con Massimo Cotto, che ripercorre oltre trent’anni di devozione alla dea musica, marcando stretto i poteri forti. Ha messo a nudo la sua anima gitana nella chiacchierata con il regista Cosimo Damiano Damato, ripercorrendo i capitoli della sua vita, a cominciare dall’ultimo recente episodio che ha fatto di lui “un caso politico”.
Professione no-man
“Nell’Italia di Renzi bisogna essere degli yesman e io sono un no-man”. Ha confessato di sentirsi sotto attacco, da quando dal palco del concertone del Primo Maggio a Roma definì il premier “boy scout di Licio Gelli“. “Invece che spendere tutti quei miliardi per gli F35, i famosi cacciabombardieri che in Italia ha provveduto a prenotare agli americani, avremmo potuto investire quei soldi per qualcos’altro di più degli 80 euro. I nemici in Italia non sono esterni. Sono nemici interni, si chiamano corruzione, disoccupazione, frode fiscale, mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita. Lavoro nero. Queste sono le cose che ammazzano il nostro Paese. Questa cosa mi ha dato estremamente fastidio e sono stato messo alla gogna mediatica. Addirittura su Repubblica, un giornale che per anni io ho anche acquistato. Un giornalista che si chiama Francesco Merlo, sulla prima pagina del 3 maggio di quest’anno ha pubblicato un articolo delirante su di me, attacandomi in tutti i modi per cercare di screditare quello che avevo detto da cittadino, nel mio modo anche provocatorio. Io sono un brado e come tale mi esprimo. Quello che è successo a Erri De Luca, è successo, nel mio piccolo, anche a me”.
Piero&Erri
Con lo scrittore che a gennaio prossimo darà alle stampe un libro (“La parola contraria”) sul suo processo per istigazione a delinquere al fianco dei No Tav, Pelù ha in comune anche “Tu non c’eri”, film sceneggiato da De Luca per la regia di Damato, in lavorazione proprio in Puglia, in cui recita il ruolo del padre del figlio di Michele Placido. “L’Italia è il Paese in cui un perfetto imbecille diventa una grande persona, e una grande persona diventa un perfetto imbecille”, la sintesi del “ribelle”. Qualche parola sul “cosiddetto giochino delle larghe intese”, articolo 18, prima di svelare contenuti e motivazioni della scrittura. Ha sempre pensato che essere un artista voglia dire “raccontare delle storie che fanno emozionare”. “Scrivo perché poi mi piace andare in giro a promuovere il libro, e trovarmi in questa situazione fantastica”. Incontrare il pubblico è “un’esperienza carnale” per lui, e la prosa approfondisce i versi, senza la “prigionia dell’assonanza e della musicalità”. Ciò nonostante, “le canzoni sanno dire tante cose”, incatenate nella trilogia dedicata al potere e nelle tetralogie dedicate agli elementi della vita (con l’aggiunta di un quinto elemento, il tempo), all’epoca dei Litfiba, e nelle trilogie da solista, “dedicata ai sopravvissuti, cioè a me stesso, e poi alla comunicazione, e Identikit, che è il titolo sia di questo libro che del mio disco da solista”. “Cerco di darmi una traccia. Per me è importante avere un obiettivo di massima. Però non ho assolutamente idea di dove mi può portare questo. Non sono un turista nel mio viaggio, ma un viaggiatore che sta sulla via, e quello che può succedere quando si cammina, si guida o si pedala lungo una strada è imprevedibile. L’imprevisto, la sorpresa, il non scritto quello che non conosco è quello che interessa a me. Io mi arrapo fisicamente quando sento di aver aperto qualche porta nuova, che non so dove mi stia conducendo. Magari anche in un baratro, però comunque devo provare a condurmi su quella strada”.
Infanzia e “bellezza”
Quella di Pelù è una strada segnata dagli episodi dell’infanzia e della giovinezza, quando per lui non c’era lettura più seducente del mappamondo. Ha raccontato di quando a cinque anni, persosi sulla Statale adriatica, “nessuno si fermò, solo i diversi, gli strani, i fricchettoni con una Cinquecento decorata di fiori”.
“Non è la bellezza che ci salverà, ma la purezza”, filosofeggiando qualche minuto prima di sgombrare dagli sgabelli la scena rock, introdotta da un’inedita versione cantata degli irriverenti e ironici versi dialettali de “La figa l’è una tela ragna”, in memoria dell’eclettico Tonino Guerra.
“Il discorso della bellezza ultimamente è diventato abbastanza di moda, è un tema che è diventato un ottimo paravento per mascherare invece troppe brutture. Questo uso della bellezza a fine propagandistici o allo scopo di nascondere i problemi che non vengono affrontati trovo sia un modo pericoloso e volgare di utilizzare una cosa così affascinante. Credo che sia importante la lettura della bellezza. Non sta nella facciata delle cose ma nelle porte secondarie. Credo che la sincerità sia oggi una delle cose più rivoluzionarie che dovrebbe essere portata a manifesto”.
Il selfie col “prete rock”
Nelle figure di don Gallo, don Santoro a Firenze e don Ciotti, riconosce “gli esempi più colti, puri e sensibili che si possono avere oggi in Italia”, affiancandogli anche il parroco di Cerignola don Pasquale Cotugno, coordinatore cittadino del presidio di Libera, di cui OltreBabele è cuore pulsante. Nel selfie col “prete rock”, “grande esempio di bellezza e purezza”, sul suo profilo social oggi saluta Cerignola e i ragazzi della Fiera che combattono con l’arma della cultura, l’ignoranza. Gli specialisti della tre giorni ofantina, da cinque anni trasformano il paesone orfano di librerie in un festival della lettura e palcoscenico per la cultura di respiro nazionale. Con ospiti del prestigio di Pino Aprile (leggi), Michele Mirabella, Flavio Oreglio, Stefano Fassina. In una cittadina del Sud avvelenato dai rifiuti, in una delle province dell’oro rosso che arricchisce le miserie de “La Belleville” (leggi), il prodigio di OltreBabele è ripartire dai diritti delle persone, dalla tutela della dignità umana e dalle comunità solidali che coltivano il valore della formazione dei più piccoli (leggi).