Intercettazioni succulente e elementi di ricostruzione molto dettagliati scoperchiano il pentolone della corruzione nel comune di Foggia. Ieri mattina lo scossone nelle stanze di corso Garibaldi è giunto alla notizia dell’arresto di Fernando Biagini, dirigente ai lavori pubblici a Palazzo di Città. Quello di Biagini è un nome pesantissimo. Intorno a lui ruota la vita del comune di Foggia. C’è Biagini dietro i lavori alla Macchia Gialla e ai nuovi locali del tribunale in Piazza Padre Pio. Ed è proprio l’edificio in quell’area ad essere al centro dell’ultimo caso di cronaca. Il consigliere comunale Massimo Laccetti (eletto nella lista della Lambresa) e Adriano Bruno (piccolo imprenditore del verde pubblico) avrebbero messo in tasca tre rate da 50, 25 e 5mila euro. Soldi che consigliere e imprenditore avrebbero incamerato per conto dell’ingegner Biagini. I due avrebbero fatto da tramite fra il dirigente e Lello Zammarano, storico nome del mattone foggiano. Il dirigente comunale avrebbe costretto Zammarano a sborsare quella cifra per l’appalto a Piazza Padre Pio dove si lavora per arredare i nuovi uffici del Tribunale di Foggia. La somma di denaro (quella divisa nelle tre rate) sarebbe pari al 10% del canone di locazione. Ad incastrare Biagini e Laccetti ci sono anche alcune intercettazioni ambientali. Ma diamo spazio alle carte. L’ordinanza è piuttosto snella (36 pagine) ma fa emergere un quadro inequivocabile di come funzionano male le cose nel comune di Foggia.